“Tanti piccoli cantieri comunali impegnati nell’integrazione dei richiedenti asilo”

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«Smantellare gli Sprar così come erano stati concepiti finora, ovvero piccole strutture distribuite in una quarantina di comuni dell’Alto Adige, dove per i migranti sono previsti progetti di inserimento» questa l’idea di fondo del decreto legge sicurezza e immigrazione secondo Sandro Repetto, assessore alle politiche sociali del comune di Bolzano. «Purtroppo, si è visto che i rimpatri sono tutt’altro che facili e il risultato sarà che chi viene buttato fuori dagli Sprar resterà sul territorio nazionale e diventerà un clandestino». Spiega il quotidiano Alto Adige che nella regione, in base ad accordi tra Comuni e Ministero, gli Sprar sono attivi in una quarantina di comuni ed ospitano circa 180 persone; un’altra ventina di Comuni, che avevano presentato la domanda, sono invece in attesa di risposta. Lo stesso dicasi per Bolzano che avrebbe voluto creare uno Sprar per una ventina di minori non accompagnati: è tutto bloccato.

«Ci preoccupa anche la riforma dello Sprar» scrive su Avvenire il portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini analizzando la situazione dei minori dopo il decreto: «un sistema che nel corso degli anni ha dimostrato di funzionare in maniera efficiente, trasparente ed economica, portando benefici anche nei territori che ne ospitano i progetti (ad esempio creando posti di lavoro, consentendo la riapertura di scuole che stavano chiudendo per carenza di alunni, ecc.). Limitare l’accesso allo Sprar ai soli titolari di protezione internazionale significherebbe, per i minorenni soli che non sono riusciti a completare con successo l’ iter prima del 18° compleanno, interrompere i percorsi di accoglienza e inclusione sociale già avviati da minori e ritrovarsi in un sistema come quello dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas): strutture in cui spesso non è previsto un valido progetto di inclusione sociale, quando non sono ridotti a veri e propri ‘parcheggi’ per immigrati».

Le preoccupazioni della Cei per il ridimensionamento del modello Sprar, che finora è servito a far inserire i migranti nella società italiana, sono raccolte dal il Manifesto che riporta le parole del cardinal Gualtiero Bassetti «Viviamo in uno stato giuridico che ha le proprie regole che noi rispettiamo. Il Papa, nei paesi che ha visitato, ha detto: l’accoglienza è un conto, l’integrazione anche è molto importante perché se tu accogli e non integri, non fai partecipare l’altro dei tuoi valori, è un’accoglienza monca. In Europa ogni stato decida quanti ne può accogliere ma senza mancare di rispetto nei loro confronti».
Su il Manifesto anche un appello dell’Arci che chiama alla mobilitazione contro il decreto.

«Andatevene a casa» avrebbe urlato un tunisino ad al alcuni bambini neri in un doposcuola estivo. L’episodio riportato su Ravenna e Dintorni è accompagnato da una riflessione della giornalista Federica Angelini: gli atteggiamenti razzisti non sarebbero patrimonio solamente di italiani; i contrasti nascerebbero anche tra terzultimi e penultimi e, quindi, tra questi e gli ultimi. Una considerazione poi anche sulla rete Sprar, definita «una rete di accoglienza eccellente che vede Ravenna tra i primi comuni ad aver aderito con ottimi esiti e riconosciuti negli anni, e che si è occupata di integrare persone che non devono essere lasciate sole, in balia del rischio criminalità e anche di un rischio di odio, l’ odio degli esclusi».

Mentre i comuni di Busto Garolfo, Inveruno, Dairago, San Giorgio su Legnano e Rescaldina avrebbero deciso di aderire alla rete Sprar – così come riportato dalla edizione di Legnano del sito Settegiorni.it – la discussione al consiglio comunale di Lonate Pozzalo è stata disturbata da una dimostrazione di militanti di Casa Pound che hanno esposto lo striscione “Né Cas Né Sprar” e, scrive Prealpina, «hanno cercato di alzare la voce per esporre il loro punto di vista, ma tutti i presenti indignati hanno urlato “fuori”, mentre la tensione saliva. A quel punto il sindaco Nadia Rosa ha scelto di sospendere la seduta consiliare e ha provveduto a chiamare i carabinieri».

Sempre sul web, ilsole24ore.com riferisce del rapporto “Fuoricampo” di Medici Senza Frontiere, presentando la mappa dell’accoglienza.

La rivista cattolica online cittanuova.it sostiene che «il decreto agevolerà le grandi infrastrutture a servizio della “detenzione” e ridurrà, fino a renderli insignificanti, i tanti piccoli cantieri comunali impegnati nell’integrazione dei richiedenti asilo». Nei centri Sprar, prosegue l’articolo «l’integrazione è affidata a personale esperto, i fondi vengono controllati da appositi revisori dei conti e la titolarità della governance è in mano ai comuni. Con gli Hotspot, i CPR, i CAS e similari, ed un decreto flussi così lontano dal fabbisogno di manodopera, gli immigrati saranno definitivamente consegnati ad essere ostaggio di sistemi imprenditoriali e del caporalato»

Sardiniapost.it raccoglie le preoccupazioni del Sindaco di Macomer, Antonio Onorato Succu, indipendentista del Partito dei Sardi: «Le condizioni con cui abbiamo accettato l’apertura del centro [Cpr, ndr] a Macomer erano precise: l’aumento di un periodo di permanenza potrebbe generare problemi di sicurezza o aumentare il numero degli ospiti, cosa a cui siamo assolutamente contrari. Non secondaria la questione della dignità delle persone: non vogliamo che il Centro si trasformi in un lager, dato che è stato pensato per un massimo di 100 migranti. Maggiore è la permanenza, maggiori diventano i pericoli. Siamo sempre stati contrari anche ai Cas, i centri di accoglienza straordinaria, che consideriamo dei ghetti. E infatti con l’Unione dei Comuni del Marghine ci stiamo impegnando nella rete Sprar e in progetti di micro accoglienza diffusa. Il decreto, oltre a modificare quanto previsto per i centri di permanenza per il rimpatrio, depotenzia i progetti Sprar a vantaggio dei Cas. Non sono le condizioni con cui abbiamo preso accordi sul Governo per la gestione dell’accoglienza ai migranti».

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